Il clan Di Lauro sta riorganizzandosi. Lo affermano gli investigatori, che notano anche come la cosca abbia deciso di intraprendere una strada “silenziosa”. La scarcerazione di Vincenzo Di Lauro, figlio del capoclan Paolo, avrebbe permesso al gruppo di via Cupa dell’Arco di avviare una riorganizzazione “silenziosa”. Il suo ritorno a Secondigliano, infatti, non ha coinciso, almeno in apparenza, con una ripresa della carriera criminale. Secondo gli investigatori che operano nell’area di Secondigliano, “Enzo” sembra aver chiuso con quel “mondo”. E’ emerso che Vincenzo avrebbe rilevato un’attività commerciale e non avrebbe alcun contatto “apparente” con altri esponenti del sodalizio.
Tuttavia, gli investigatori non hanno ancora escluso l’idea che Vincenzo insieme al fratello Ciro, tornato anch’esso in libertà dopo diversi anni di carcere, possa essersi di fatto sostituito al latitante Marco nella guida dell’organizzazione.
Gli investigatori sospettano che Vincenzo e Ciro possano essere stati designati come leader del clan dal padre Paolo, poiché all’interno del clan vige ancora la regola secondo cui “comanda quello più grande” tra i figli del boss in libertà. Questo significherebbe che Marco, latitante da oltre 10 anni e “storicamente” considerato come il reggente del sodalizio, potrebbe “passare le consegne” ai fratelli maggiori, in particolare a Vincenzo. Un “cambio” che potrebbe permettere al clan di ritagliarsi nuovamente uno spazio importante nello scenario criminale dell’area nord.
Vincenzo è stato più volte descritto dai collaboratori di giustizia come la vera mente finanziaria della cosca e come un personaggio dotato di un “enorme carisma criminale”. A differenza del fratello Cosimo, Vincenzo non amerebbe risolvere problemi e controversie ricorrendo alla violenza ma, piuttosto, sarebbe incline a trovare una mediazione per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine.
Maurizio Prestieri, un collaboratore di giustizia, ha affermato che se Paolo Di Lauro avesse scelto come erede Vincenzo al posto di Cosimo, molto probabilmente la “scissione” tra le diverse fazioni del clan non sarebbe mai avvenuta. Un’ipotesi condivisa anche dagli investigatori, che ritengono che Vincenzo sia l’alter-ego del padre, e che Paolo lo abbia introdotto sin da quando era giovanissimo nella gestione degli “affari di famiglia”.